Con oltre 13mila contagi e 700 morti, e con tassi di crescita, in alcuni paesi, simili a quelli registrati in Italia nella fase iniziale della pandemia, il Covid-19 minaccia devastanti conseguenze nell'area subsahariana del continente.
La Banca Mondiale riporta come tra il 2010 e il 2018 il debito pubblico dei paesi dell’Africa subsahariana sia cresciuto dal 40% al 59% del Pil. Sempre secondo la Banca Mondiale, 29 dei 47 paesi africani hanno la necessità di aumentare la tassazione, riducendo contemporaneamente le spese, per mantenere stabile il rapporto tra debito pubblico e Pil. In questo contesto, in cui a fronte di un calo delle entrate fiscali vi è un aumento dei costi connessi ai prestiti, è virtualmente impossibile che i paesi dell’area siano in grado di varare dei programmi di stimoli economici anche lontanamente paragonabili a ciò che stiamo vedendo in Europa ed in America.
Sistemi sanitari in tilt
Tant’è, riferisce l’Eurispes che il primo ministro etiope ha richiesto al G-20 un pacchetto di sostegno per l’Africa da 150 miliardi di dollari nonché una serie di aiuti alle aziende africane da parte della Banca Mondiale e un annullamento, o almeno una rimodulazione, dei debiti esistenti con il Fondo Monetario Internazionale.La tragedia Covid-19 incombe sull’Africa. Contagi record ed economie devastate: ad aumentare ulteriormente le difficoltà per i sistemi sanitari dei vari paesi africani vi è il fatto che strutture mediche, già di per sé scarse, sono concentrate prevalentemente nelle città. Ciò, sommato al sistema infrastrutturale del continente, rende particolarmente difficile, per il personale sanitario, raggiungere le persone nelle campagne.
Il principale punto di forza del continente risiederebbe nell’età media della popolazione. Su una popolazione di un 1,3 miliardi di persone, 47 milioni hanno più di 65 anni e 6 milioni più 80, mentre lo stesso dato per l’Europa risulta essere rispettivamente di 143 e 40 milioni su di una popolazione totale di 750 milioni di persone.
L’Africa, inoltre, ha avuto due mesi di tempo per mettersi in condizione di rispondere più efficacemente alla crisi potenziando le capacità di eseguire test diagnostici (oggi circa 40 paesi sono in grado di effettuare test per il Coronavirus contro i due di inizio febbraio) ed attuando, fin da subito, misure di distanziamento sociale.
Al riguardo, l’istituto di ricerca evidenzia che il Sud Africa ha dichiarato la chiusura del paese prima dell’Inghilterra, nonostante avesse un numero di casi di gran lunga inferiore, e che, in paesi come l’Uganda, le scuole sono state chiuse prima che si fosse registrato un singolo caso di contagio.
Come ulteriori punti di forza si possono, infine, citare l’esperienza che molti paesi africani hanno maturato nella gestione di crisi epidemiche, a partire dall’Ebola, e la speranza che il clima caldo possa contribuire a ridurre la diffusione del Coronavirus.